...io so... vedrò Dio... (Giobbe 19:25-26)
IL CREDO DI GIOBBE (2)
Giobbe terminò la sua dichiarazione di fede affermando con sicurezza: "...quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò Dio". Quando Cristo ritornerà, le tue secche e misere ossa che riposano in una tomba, saranno sostituite con un corpo glorioso come quello di Cristo e si adempirà, così, la meravigliosa promessa della Parola di Dio: “Rivivano i tuoi morti! Risorgano i miei cadaveri! Svegliatevi ed esultate, o voi che abitate nella polvere!” (Isaia 26:19). Di tutte le religioni presenti sulla terra, il Cristianesimo è l'unico a garantire la resurrezione finale del corpo. Questo perché Cristo, il nostro Signore e Redentore, fu l’unico non solo a promettere di sconfiggere la morte risorgendo dalla tomba, ma a mantenere gloriosamente la Sua promessa. Gioisci, perché quando giungerà il tempo di scendere nel sepolcro, non si tratterà della tua fine. Paolo, sempre rivolgendosi ai credenti della città di Corinto, scrive: “Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati. Infatti bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità e che questo mortale rivesta immortalità... allora sarà adempiuta la parola che è scritta: «La morte è stata sommersa nella vittoria»” (1 Corinzi 15:51-54). Solo in quel giorno la fede darà spazio a questa meravigliosa visione. Quando l'aquilone di un bambino volò talmente in alto da non riuscire più a vederlo, un uomo, che stava lì a guardare, chiese al ragazzo: “Figliolo, come fai a sapere che l’aquilone è ancora lì?”. Il bambino, rafforzando con sicurezza la presa sulla corda, rispose: “So di sicuro che è lì perché lo sento tirare!" E tu, avverti qualche cosa che ti sta attirando verso il Cielo?
Io so che il mio redentore vive... (Giobbe 19:25)
IL CREDO DI GIOBBE (1)
Il patriarca Giobbe sopravvisse a ulcere, fallimenti finanziari e lutti, uscendone con una fede rafforzata. Osserviamo la professione di fede che era alla base della sua vita: 1) "lo so...”. Quando sei in grado di fare una simile affermazione, rappresenti un’espressione esclamativa in un mondo pieno d’insoluti punti interrogativi. Giobbe non si abbassò a dire: "Mi è stato riferito!”. No! “lo so!" Quanto lui conosceva di Dio, proveniva da esperienze e rivelazioni strettamente personali. È possibile gustare una simile vita? Certamente sì! "Quanto a voi, avete ricevuto l’unzione del Santo e tutti avete conoscenza” (1 Giovanni 2:20). Nel tuo cuore, puoi "sapere” cose su Dio, che non riesci a capire o spiegare completamente. Perché avviene questo? Perché queste cose si possono discernere solo spiritualmente. 2) "...che il mio Redentore vive". Sebbene Cristo non fosse ancora nato, Giobbe vide, in modo vago, il pre-esistente Redentore che le Scritture descrivono come “...il vegliardo...” (Daniele 7:22); Colui al Quale Michea si riferiva dicendo: “...le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni" (Michea 5:1). Egli esisteva già prima di venire al mondo e visse più a lungo di chiunque lo volesse morto. Paolo si espresse cosi: “...Essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventare ricchi" (2 Corinzi 8:9). 3) "...e che alla fine si alzerà sulla polvere”. Giobbe percepì quanto visto dal profeta Zaccaria: “In quel giorno i suoi piedi si poseranno sul monte degli Ulivi...” (Zaccaria 14:4). La prima volta Gesù venne per salvare, ma quando ricomparirà, sarà per regnare. S’incarno’ per farsi nostro Redentore, ma quando ritornerà, sarà per annunciare il Suo regno quale Re dei Re. "... aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù” (Tito 2:13).
Beati (felici, da invidiare) i poveri in Spirito (gli umili che si ritengono insignificanti)... (Matteo 5:3)
FELICITÀ CONIUGALE
Nella realtà quotidiana, è spontaneo chiedersi che cosa renda alcuni matrimoni felici mentre altri non lo sono per niente? La fortuna? I geni? La perseveranza? Assolutamente no! La felicità coniugale, che trascende le circostanze mutevoli della vita, è edificata sulle qualità che Gesù insegnò. Osserviamole insieme: 1) Gioiosi sono gli umili. “Beati (felici) i poveri in spirito (gli umili, quanti si ritengono insignificanti). L'orgoglio che esalta se stesso e i propri diritti porta solo infelicità, mentre l'umiltà, mutuata dallo spirito di sacrificio e dalla considerazione dei bisogni altrui, appaga. 2) Felici sono i mansueti. Ugualmente lo sono quanti hanno un animo gentile, paziente e premuroso. Trattare il coniuge con bontà, gentilezza, sensibilità e grande pazienza è un segno d’amore che lenisce i dolori della vita e del matrimonio. 3) Beati sono i misericordiosi. Nonostante le buone intenzioni, ci si può ferire,e allora sorgono dolore, delusione e desiderio di vendetta. È vero che la rivalsa genera rivalsa ma, altrettanto, la compassione origina compassione. Questo non significa “darla vinta”. Mostrare comprensione è doveroso tra i coniugi: infatti crea quell’atmosfera che predispone al perdono e chiude ogni disputa. 4) Felici quelli che si adoperano per la pace, il desiderio di prevalere non farà altro che intensificare il conflitto. Nel matrimonio, il dominio di uno equivale alla sconfitta di entrambi! Si vince quando si rinuncia all’orgoglio personale in favore della pace. Saresti perduto per l’eternità se Gesù non avesse rinunciato ai Suoi diritti a causa dei tuoi errori. L’anello nuziale non è l’unico simbolo del matrimonio cristiano, lo è anche la croce. Rinunciare, come Cristo, alla nostra personalità non crocefissa, favorisce la felicità del matrimonio!
Il Signore è la mia luce e la mia salvezza; di chi temerò?.. (Salmo 27:1)
NON C'È NESSUNO COME LUI! (5)
Tutti indistintamente, abbiamo bisogno di un incontro personale con il Cristo trasfigurato, Colui che è più grande di Mosè, di Elia,il legislatore,il profeta e di tutti gli altri uomini di Dio che abbiano mai calcato la terra, Colui che porta sul capo la vera corona dell'universo: il diletto Figlio di Dio. Dobbiamo prostrarci con la faccia a terra e vederLo come il Santo, l'Altissimo, l’Unico. Quando il tuo atteggiamento sarà questo, tutte le tue ansie mal celate e le tue paure inconfessate, eccezione fatta per un santo timore di Cristo, si scioglieranno come neve al sole, come il ghiaccio in una torrida giornata estiva. Certamente anche tu concorderai con queste parole di Davide: "Il SIGNORE è la mia luce e la mia salvezza; di chi temerò?" Nel fibra per ragazzi "Il Principe Caspian", c’è una grande illustrazione a riguardo. Lucy, una dei protagonisti del racconto, rincontra, dopo tanto tempo, il leone Aslan. Questi è molto cambiato dal loro ultimo incontro: infatti, le sue dimensioni la sorprendono e lei glielo fa notare: "Aslan”, dice Lucy, “Sei imponente!”. Egli di rimando: "È perché sei cresciuta, mia piccola!”. "Non perché sei diventato grande tu?”, domanda Lucy. Egli le rispose: "No, ma man mano che crescerai, mi vedrai sempre più grande!”. La stessa cosa vale per il nostro cammino con Cristo: più Lo serviamo e più Egli diventa rilevante ai nostri occhi e questo, non perché sia Lui a cambiare, ma perché maturiamo noi. Noteremo dimensioni, aspetti e caratteristiche che non avevamo mai considerato prima, nuove e sorprendenti forme della Sua purezza, potenza e unicità. Solo quando, arrendendoci totalmente, cadremo ai Suoi piedi in umiltà e con un atteggiamento di totale dipendenza, Egli ci sorprenderà con ciò che disse ai Suoi discepoli sul monte Tabor, dove fu trasfigurato: “«Alzatevi, non temete»" (Matteo 17:7).
Benedici, anima mia, il Signore... (Salmo 103:2)
NON C'È NESSUNO COME LUI! (4)
La Bibbia identifica il Signore con la luce, e quest’ultima con la santità. “...Dio è luce, e in lui non ci sono tenebre” (1 Giovanni 1:5) Paolo, rivolgendosi a Timoteo, disse: “...il Re dei re... abita una luce inaccessibile..." (1 Timoteo 6:15-16). Le Scritture si riferiscono a Cristo ...come quello, santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori...” (Ebrei 7:26). Perciò, com'é possibile accostarsi a un tale Dio? Lo faresti, forse, come a un ispettore sapendo che i conti non tornano? O come a un dittatore che detiene nelle sue mani un potere assoluto? Certamente no! Gesù ci ha insegnato a pregare così: “...Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome” (Matteo 6:9). Ecco la risposta! Bisogna accostarsi a Lui come a un Padre che ci ama e che desidera solo il meglio per noi, mantenendo, nello stesso tempo, un profondo rispetto. All’aumentare del tuo stupore nei Suoi confronti, si riducono drasticamente i tuoi timori e il tuo disagio svanisce. Ricorda che una visione maestosa di Dio si traduce in uno straordinario coraggio, mentre, al contrario, una visione mediocre di Dio ti rende privo di forze, incapace di osare. Un Dio fiacco non potrebbe soccorrerti nel caso fossi colpito dal cancro o la tua famiglia versasse in difficoltà e priva di mezzi per far fronte agli impegni. Un adesivo con la scritta “Gesù aiutami!” può ben figurare sul fronte del bagagliaio della tua auto, ma non potrà mai liberarti dalle tue paure. Tu hai bisogno di un Dio grandioso, capace di annullare il tuo ego mentre ingrandisce la tua fede, sbalordendoti. Davide, innalzando la sua lode a Dio, scrisse: “Benedici, anima mia, il SIGNORE e non dimenticare nessuno dei suoi benefìci. Egli perdona tutte le tue colpe, risana tutte le tue infermità; salva la tua vita dalla fossa, ti corona di bontà e compassioni; egli sazia di beni la tua esistenza...(Salmi 103:2-5).
Questo è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo! (Matteo 17:5)
NON C'È NESSUNO COME LUI! (3)
Sul Tabor, il monte della trasfigurazione, Mosè, considerato il legislatore ed Elia, in rappresentanza dei profeti, si trovarono a fianco a fianco con Gesù. Quest’ultimo, però, era raggiante, di uno splendore senza pari. La Bibbia ci presenta così quest’evento: "... le sue vesti divennero sfolgoranti, candidissime, di un tale candore che nessun lavandaio sulla terra può dare” (Marco 9:3). In quel momento, Gesù era Dio nella Sua forma più pura. Preso da gran meraviglia e stupore, Pietro disse: "...«Rabbi, è bello stare qua; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia»” (Matteo 9:5). Questo era, certamente, un sentimento sincero, nato dalla spontaneità tipica dell'apostolo, eppure era sbagliato. “Mentre egli parlava ancora, una nuvola luminosa li coprì con la sua ombra, ed ecco una voce dalla nuvola che diceva: «Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo»’’. Il termine “diletto” sottintende "unico”. Non c'è nessuno come Gesù! Di certo non Mosè, non Elia, né Pietro, non Zoroastro, né Buddha o Maometto, nessuno, tanto in cielo, quanto sulla terra può minimamente reggere questo termine di paragone. Le tre tende avrebbero messo Mosè ed Elia alla stessa stregua di Cristo e Dio non lo avrebbe certamente permesso. Poteva essere costruita solo un'unica tenda poiché solo una "persona” su quella montagna era degna di essere adorata. "I discepoli, udito ciò, caddero con la faccia a terra e furono presi da gran timore” (Matteo 17:6). Lo Stesso che aveva affisso le stelle sulla volta dei cieli e che aveva annientato l'orgoglio del faraone in fondo al Mar Rosso, era tra loro. VederLo, tolse loro il respiro, rimosse ogni traccia d'arroganza dai loro cuori e li portò a prostrarsi con la faccia a terra. Dimmi, sinceramente, quanto tempo è che non provi una tale riverenza per Dio?
Il principio della saggezza é il timore del Signore... (Proverbi 9:10)
NON C'È NESSUNO COME LUI! (2)
In un mondo fuori controllo, ci piace avere un dio che possiamo controllare a nostro piacimento, una presenza confortante che benedica, provveda e consigli, della serie: “Dio in scatola”. Quando, però, si tratta di Cristo, non c'è contenitore che regga. I Suoi contemporanei avevano già cercato di “costringerLo in una scatola”, ma senza successo. Lo accusarono di essere un sovvertitore ma Egli pagava regolarmente le tasse. Lo etichettarono quasi spregiativamente identificandolo come “il falegname" ma confondeva i Dottori della Legge. Vennero per spiare i Suoi miracoli ma Egli si rifiutò di farne uno spettacolo. Era un Giudeo che attirava i Gentili, un Maestro che si era lasciato alle spalle le sinagoghe, un uomo santo che non disdegnava accostarsi alle prostitute. In una società maschilista, Egli dava ampia importanza anche alle donne. In una cultura anti-romana, scelse, volutamente, di non denunciare Roma. Parlò con l’autorità di un re ma visse come un semplice pellegrino. Le persone cercarono di “chiuderLo in una 'scatola", ma non ci riuscirono. Neppure noi possiamo farlo e guai a provarci! “Il principio della saggezza è il timore del SIGNORE, e conoscere il Santo è l’intelligenza” (Proverbi 9:10), La maggior parte delle nostre paure ci deruba della pace e della gioia. Il timore del Signore, invece, fa l'opposto. Un autore scrive: “Non c’è nulla di contraddittorio nel temere il Signore. Ciò che, invece è incongruente, è non aver paura o aver timore delle cose sbagliate. Ecco perché Dio sceglie di “rivelarsi" a noi, affinché smettiamo di essere intimoriti da ciò che è errato e privo d’importanza. Quando Dio si rivela completamente, ne siamo “consapevoli" e sperimentiamo la “conversione” delle nostre paure... Il timore del Signore è un profondo e sano riconoscimento che non siamo Dio”.
Io sono il Signore, e fuori di me non c'è salvatore (Isaia 43:11)
NON C'È NESSUNO COME LUI! (1)
Agli Israeliti fu espressamente comandato di non farsi nessuna “immagine scolpita" di Dio. Per quale motivo? Perché fu Dio a creare noi e non il contrario. Qualora fosse possibile creare un dio, ne uscirebbe una divinità controllabile a piacimento e alla quale ognuno potrebbe ordinare ciò che maggiormente desidera. Gli antichi Greci avevano un esercito di dei, frutto sia della loro inventiva umana, sia delle manifestazioni naturali. Alcuni richiedevano anche sacrifici umani; altri proponevano la prostituzione, come forma di culto, all’interno dei templi. Quando invertiamo l’ordine d’importanza e cominciamo a costruirci un dio a nostra immagine e somiglianza (guidati dalla nostra fervida immaginazione), possiamo creare gli spropositi più stravaganti, eccone un campionario: 1) Un dio liberale o uno conservatore, un falco o una colomba; un dio che i politici, secondo la convenienza, estraggono da una scatola misteriosa nel periodo delle elezioni per procurarsi un maggior numero di voti, anche se, in realtà, non lo servono per niente. 2) Un “nume” flessibile che permette di fare tutto ciò che si desidera, salvo, poi, dire: "Mi sono solo sentito portato a farlo!”. 3) Una divinità che promette di benedire i suoi figli ma non li disciplina mai. 4) Un essere che puoi tenere "al posto suo" fino a che non hai bisogno di lui. 5) Un’entità che pur non essendo suprema, si accontenta di essere una delle tante deità utili ad avvicinarti al cielo. Nulla di più errato! Dio afferma categoricamente: “lo sono il SIGNORE, e fuori di me non c’è salvatore”. Gesù, a Sua volta, rafforza: “lo sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Giovanni 14:6). Dio non ha bisogno di un “makeover" per adeguarsi a Internet e all’era spaziale, Egli è il Signore e, di sicuro, se non lo fosse di tutto, non Lo sarebbe per niente!
Io ti ho glorificato sulla Terra... (Giovanni 17:4)
COS'È IL "SUCCESSO" PER TE?
Sulla croce, al termine del Suo ministero, Gesù, rivolgendosi al Padre, fu in grado di pregare così: «lo ti ho glorificato sulla Terra, avendo compiuto l’opera che tu mi hai data da fare». Gesù non cercò di competere con Giovanni, il Battista o di assomigliare a qualche profeta dell’Antico Testamento. Egli sapeva perfettamente quale fosse il “successo della Sua missione”. Anche tu puoi conoscere il tuo ma per farlo, devi: 1) In primo luogo, discernere che cosa sia veramente il “successo". Quando la gente ha piacere di frequentarti, significa che sei popolare ma quando, però, anche tu hai stima e sei soddisfatto di te stesso, è indice che hai raggiunto un traguardo positivo. Nella vita, più è alta la chiamata, maggiore sarà la gioia che si produrrà in te. 2) Prima di fissare qualunque obiettivo, prega: “Riconoscilo in tutte le tue vie ed egli appianerà i tuoi sentieri” (Proverbi 3:6). Prefissarsi dei traguardi non è certo un errore ma è sbagliato farlo prima di consultare Dio. 3) Non pretendere che siano gli altri a portarti il successo. Non aspettare di ricevere fiori. Dio ti ha dato dei semi, perciò inizia a coltivare quelli. "Ciascuno esamini invece l’opera propria, così avrà modo di vantarsi in rapporto a se stesso e non perché si paragona agli altri” (Galati 6:4). Inoltre, quando non chiedi, sei maggiormente gradito alle persone. 4) Dimentica te stesso, gli altri l'hanno già fatto. Si racconta di un ministro di culto che, un giorno, pregava così: “Padre, perché il diavolo continua a ricordarmi il mio passato?". La risposta di Dio fu sorprendente: “Se questo accade, è perché sta finendo le sue risorse, perciò pentiti e prosegui il tuo cammino!”. Il Signore afferma che non si ricorderà più dei tuoi peccati (cfr. Isaia 43:25). Ricorda: c’è solo un buon motivo per riflettere sul passato ed è quello di imparare da esso per diventare più saggi.
Essi ne presentarono due... Barsabba... e Mattia (Atti 1:23)
COME SCEGLIERE IL LEADER GIUSTO
Quando Giuda si tolse la vita impiccandosi a un albero, il gruppo degli apostoli rimase in undici membri e così decisero di rimpiazzarlo. Allertarono due uomini di ottima testimonianza: Barsabba e Mattia, per decidere chi dovesse occupare il posto di Giuda, si affidarono alla "sorte”. Questo era un sistema usato da tempi immemorabili quando solo un ristretto e ben selezionato gruppo di persone poteva presentarsi personalmente a Dio, parlarGli e udire direttamente la Sua voce. La sorte, dunque, fu benigna a Mattia. Ti chiederai meravigliato: "Sarà pure così, io però non ho mai sentito parlare di questo Mattia!". Non sei l’unico! Di lui, infatti, la Bibbia non si occuperà più. Barsabba, invece, il non prescelto, è ricordato come uno dei leader che guidò magistralmente la chiesa durante una tempesta di confusione dottrinale (cfr. Atti 15:22-23). Da questo episodio possiamo dedurne due importanti insegnamenti. 1) È possibile conoscere Dio ma non essere mai in grado di capirlo appieno, perciò è preferibile non affaticarsi ulteriormente senza profitto. Non è pensabile, infatti, ridurLo a una formula semplicistica che suoni così: "Ecco come Dio fa le cose!”. Tirare a sorte sarà anche stato un sistema che Dio ha onorato in passato, ma quando gli apostoli lo utilizzarono, non sembra aver dato i risultati sperati. 2) Dio parla solo a chi è disposto ad ascoltarLo. Prima di essere assunto in cielo, Gesù aveva spiegato ai discepoli che lo Spirito Santo, che già dimorava in loro, li avrebbe guidati. “«Tutte le cose che ha il Padre, sono mie; per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà»” (Giovanni 16:15). Potrebbe esserti facile obiettare: “Come faccio, però, ad avere la certezza che a parlarmi sia stato proprio lo Spirito Santo?" Semplice! Egli produrrà il risultato che Dio ha prestabilito!
Altro...
La mia grazia ti basta... (2° Corinzi 12:9)
LA CRESCITA POST-TRAUMATICA (3)
Nella Bibbia, uno dei racconti classici sulle avversità, è quello di Giuseppe. Fin da ragazzo era il figlio prediletto, invidiato dai fratelli, ma, in cuor suo, sognava di diventare un personaggio molto importante, cui tutti, un giorno, si sarebbero inchinati con deferenza. Sequestrato per malanimo dai fratelli, fu venduto come schiavo e si trovò a servire nella casa di Potifar, capitano delle guardie del faraone. Aveva perso ogni cosa, casa, cultura, sicurezza e, in particolare, la condizione di figlio prediletto. Che cosa rimaneva al povero Giuseppe? Egli giaceva in un letto non suo, in una casa estranea, in una terra straniera, senza amici né prospettive per il futuro e per di più, senza colpa alcuna. Egli, però, aveva un dono e sarebbe stato proprio questo a fare la differenza. "Il SIGNORE era con Giuseppe..." (Genesi 39:2). Che cosa succede quando perdi ogni cosa tranne il tuo Dio? Scopri che questo è quanto ti basta perché sperimenti la Sua presenza come mai prima! Paolo, rivolgendosi ai santi di Roma, scrive: "Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? ...in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati” (Romani 8:35-37). Dio non stava programmando le circostanze che Giuseppe avrebbe voluto, bensì, nonostante le brutture, Egli stava modellando il “Giuseppe” che voleva. Proprio come si forma un diamante, anche se ancora non perfetto, da un comune pezzo di carbone, sottoposto a pressioni e temperature elevatissime, così il carattere di Cristo si sviluppa in te tramite le circostanze avverse. Ecco l'inevitabile domanda: resisterai o ti arrenderai? Quando Paolo pensò di non poter più resistere, il Signore gli disse: “...«La mia grazia ti basta...»" (2 Corinzi 12:9). Vuoi sapere una cosa? La Sua grazia basta anche a te!
...Dio ha pensato di convertirlo in bene... (Genesi 50:20)
LA CRESCITA POST-TRAUMATICA (2)
Raccogliere una sfida può rivelare qualità nascoste in noi, diversamente, sarebbero rimaste latenti. Allo stesso modo con cui scoprirai la natura di ciò che contiene un tubetto, privo d’indicazioni, quando lo spremerai, così le avversità riveleranno di che pasta sei fatto. Qualche volta ci sorprendiamo a dire a noi stessi: “Non potrei mai sopportare quanto quella persona sta vivendo in questo momento, ne morirei!”. Guarda caso, in seguito, succede anche a te, e... indovina? Il tuo cuore continua a battere e il mondo non si ferma. La verità è che non saprai mai di che cosa puoi essere capace, fino a quando non ti troverai ad affrontare quella particolare situazione. Le persone sagge hanno sempre capito il nesso che lega la sofferenza alla crescita. Meng Tzu, il saggio cinese, disse: “Quando il Cielo sta per conferire a qualcuno una grande responsabilità, frappone numerosi ostacoli allo sviluppo della sua opera, in modo da stimolarne la mente, consolidarne la natura e migliorarlo laddove possa essere manchevole". Dio avrebbe potuto lasciare Abramo nella tranquilla Ur e Mosè negli splendori del palazzo del faraone; avrebbe potuto evitare a Daniele la fossa dei leoni, la cattività a Neemia, il pesce a Giona, la scure di Erode a Giovanni il battista; avrebbe potuto risparmiare a Ester le minacce, il rifiuto a Geremia e a Paolo il naufragio, ma non lo fece! Anzi, Dio usò tutte queste prove per portarli più vicino a Sé, per farli maturare in perseveranza, carattere e speranza. Si usa dire che: “La scuola dei colpi duri produce gli allievi migliori!”. Chi ne è la maestra? È l’avversità e anche tu dovrai affrontarla con o senza il Signore. Quanti non Lo conoscono, ti osserveranno attentamente e solo quando vedranno il sostegno che la tua fede ti darà e come Dio interverrà nella tua vita, s’interesseranno a ciò che avrai da dire, non prima!
...in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui [Cristo] che ci ha amati (Romani 8:37)
LA CRESCITA POST-TRAUMATICA (1)
Poiché esiste una patologia chiamata "stress post-traumatico”, i ricercatori clinici iniziano, ora, a parlare di “crescita post-traumatica". Una linea di pensiero vuole che le avversità possano condurre alla maturità, dì contro, un’altra propone che i livelli di maggior sviluppo non possano essere raggiunti senza avversità. Queste ultime, però, non comportano una crescita automatica. Molto spesso i risultati dipendono dalle reazioni alle difficoltà. Ernest Hemingway scrisse: “Alla fine il mondo spezza tutti, ma i provati, acquisiscono maggior resistenza”. Talvolta questo è vero, ma spesso le persone scrivono pensieri bellissimi in cui, magari credono, eppure si rivelano parole che non aiutano. Hemingway stesso aveva un grave problema che lo stava distruggendo e che gli tolse la vita: il dolore era troppo intenso. Da un altro canto abbiamo Giuseppe, tradito dalla famiglia, falsamente accusato di stupro e ingiustamente imprigionato, il quale, riguardando al passato, fu in grado di dire: «...Dio ha pensato di convertirlo in bene...» (Genesi 50:20). La chiave per accedere alla crescita post-traumatica sta nel vedere la mano di Dio in ogni cosa, nell’avvicinarsi e confidare in Lui per quanto incomprensibile possa essere la situazione e nel pensare che Egli sia interessato solo al nostro meglio. Quando si tratta di servire Dio, la medaglia presenta due facce: successo e sofferenza. Ci piace la prima ma cerchiamo di evitare la seconda. Entrambe, però, fanno parte del piano divino. Dio chiamò Paolo al ministero dicendo: “...«lo gli mostrerò quanto debba soffrire per il mio nome»" (Atti 9:16). Le pdifficoltà, però, non portarono Paolo a dubitare della sua fede, né del Dio che serviva: “In tutte queste cose siamo più che vincitori, in virtù di Colui che ci ha chiamati".
Beato l’uomo che sopporta la prova... (Giacomo 1:12)
VIVERE VITTORIOSAMENTE
Ecco di seguito tre chiavi per vivere vittoriosamente: 1) Perseveranza. Il Prof. G. Campbell Morgan racconta di un uomo il cui negozio fu distrutto da un furioso incendio. Il mattino seguente riorganizzò il negozio sulle ceneri e affisse un cartello su cui era scritto: "Ho perso tutto tranne moglie, figli e speranza, l'attività riprenderà domattina come il solito". Rinfranca il tuo morale! "Beato l'uomo che sopporta la prova perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita". 2) Scopo. Helen Keller scrisse: "Molte persone hanno un'idea poco chiara, se non addirittura errata, su ciò che offre la vera felicità. Certamente non si realizza solo con l'auto-gratificazione bensì mediante la fedeltà alla nobiltà di una causa". Gesù disse: "...il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire..." (Marco 10:45). Non pregare, perciò, chiedendo di ricevere un cuore generoso, pratica, invece, la generosità e il tuo cuore seguirà le tue azioni. Fino a che sarai un seminatore, Dio ti darà i semi (cfr. 2 Corinzi 9:10). 3) Prospettiva. La tua delusione potrebbe, alla fine, rientrare nel piano di Dio. "Il cuore dell'uomo medita la sua via, ma il SIGNORE dirige i suoi passi”(Proverbi 16:9). Hai un'idea di come l'ostrica produce la perla? Quando un granello di sabbia penetra al suo interno, l'ostrica, reagendo all'intruso, l'avvolge con più strati di "bellezza" fino a formare la preziosa perla. Un poeta scrisse: "Quest'illustrazione ha una morale: non è infatti stupefacente quello che un'ostrica può fare utilizzando un semplice granello di sabbia? Allora che cosa non saremmo in grado di fare noi con ciò che ci infastidisce, se solo iniziassimo a lottare!". Rifletti, quindi, e guarda le cose dalla prospettiva giusta; osserva Dio all'opera nella tua quotidianità!