RIFIUTARE, SCEGLIERE, STARE COSTANTI
I genitori di Mosè non temettero il comandamento del re (Ebrei 11 23) che esigeva che si gettassero nel Nilo tutti i bambini ebrei di sesso maschile che sarebbero nati. Per fede essi trionfarono nei confronti del timore del mondo. Il loro figlio trionfò sui suoi favori e, ciò è ancora più notevole. Mosè che "era divinamente bello", "fu educato in tutta la sapienza degli Egizi ed era potente nelle sue parole ed opere" (Atti 7:20-22). Ecco dunque un uomo riccamente dotato, istruito in tutta la scienza del primo grande paese del mondo antico. Aveva un'altissima posizione, essendo per adozione figlio della figlia di Faraone, pertanto un possibile erede al trono. Ma quando divenne adulto, proprio nel periodo in cui avrebbe potuto trarre profitto dalle sue capacità e dalle sue relazioni, volta le spalle alla gloria di questo mondo e fa una scelta straordinaria: rifiuta di continuare a far parte della corte di Faraone. Egli è al corrente che in Egitto, un popolo di stranieri indesiderabili, trattati come degli schiavi, si sfianca nel fare mattoni sotto la frusta di sorveglianti spietati. Ma quel popolo è il popolo di Dio. Mosè sceglie di condividere la sua triste sorte piuttosto "che di godere per breve tempo i piaceri del peccato". Molto al di là dei tesori d'Egitto, egli vede "il paese che si estende lontano" (Isaia 33:17).